Sfogliando la Repubblica di lunedì, nella pagine delle “pubblicità legali” mi ha colpito questo trafiletto incorniciato: “La procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Roma ha condannato in via definitiva M.A.A., cittadino del Bangladesh, alla pena di mesi 5 di reclusione, € 3.000 di multa e alla pubblicazione della sentenza per aver detenuto per la vendita 710 cd musicali, 225 dvd, 67 dvd per Playstation abusivamente riprodotti e prove del contrassegno SIAE”.
Io ho volutamente riportare solo le iniziali del poveretto e censurato la sua data di nascita, ma sull’annuncio il nome figurava in grassetto. 5 mesi di galera per una cosa del genere sono una punizione severissima, Forse eccessiva e la pubblicazione sul giornale (forse su più giornali, con milioni di potenziali lettori) è la beffa più grande: l’immigrato criminale deve essere punito in modo esemplare, che tutti lo sappiano.
Oggi leggo su Repubblica.it “Giustizia, la legge diventa “ad familiam” – Impedimento esteso anche ai coimputati”, con riferimento all’inchiesta Mediatrade per sospendere il processo non solo per Berlusconi ma anche al figlio Pier Silvio e a Confalonieri.
L’immigrato del Bangladesh non ha impegni istituzionali e quindi, ahimè, ha dovuto farsi processare. Silvio, famiglia & Co. hanno troppi impegni connessi alle funzioni di governo, quindi non hanno tempo di presentarsi dal giudice. La logica fila. La giustizia un po’ meno.
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