Igor Francescato Blog

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Lo Stato e la coscienza di un uomo

Ieri ho ascoltato un discorso che ha profondamente scosso la mia coscienza. E’ il discorso di un sacerdote che si è rivolto ad una platea di giovani adolescenti. Il 3 ottobre 2013, nei mari di Lampedusa, si è consumata un’altra tragedia della disperazione, tra le più gravi da quando poveri disperati migranti cercano di trovare rifugio in Italia, fuggendo dalla guerra e dalla fame dei loro Paesi. La mia coscienza, riflettendo su queste parole (che di seguito riporto testualmente), si è profondamente indignata. La coscienza di uomo, a volte, non corrisponde a quella dello Stato in cui vive.

“Ieri in Italia si è verificata una vera e propria strage. Quasi 300 morti a causa di un barcone di poveri disperati che, dall’Eritrea, sa Dio solo come hanno fatto, sono riusciti a scappare e ad arrivare in Libia. Dove si sono imbarcati su una barca verso l’Italia e dove, per farsi vedere, e stimolare i soccorsi, hanno dato fuoco ad una coperta. E la coperta ha dato fuoco al peschereccio dove erano stipate circa 500 persone. Un centinaio sono state salvate, oltre 200 sono i cadaveri già constatati, ma il numero è destinato a salire. E questa mattina il ministro per l’Integrazione chiede a tutte le scuole un momento di riflessione. Lei chiede che questo momento di riflessione venga testimoniato da un minuto di silenzio. Io mi auguro che il riflettere su una sciagura di questo genere impegni più di un momento, più di un minuto di una nostra giornata, della nostra vita.

Questa mattina invito ciascuno di voi a riflettere su alcune questioni che riguardano la politica, non solo quella italiana, ma quella internazionale. I nostri politici, come sempre dopo una sciagura, hanno cominciato a litigare tra di loro: colpa della Destra, no, è colpa della Sinistra, è colpa dell’Unione Europea che non è intervenuta in tempo, è colpa del ministro degli Interni… Loro cercano le colpe e le responsabilità di qualcuno, ma nessuno si è interrogato su cosa si può fare. Perché episodi come questo non succedano più. E la cosa che mi ha colpito di più questa mattina, ascoltando il giornale radio delle 5.30, è che un pescatore intervistato ha detto: “Avremmo anche voluto aiutare queste persone. Ma c’è in Italia una legge che ci impedisce di farlo”. E’ la legge Bossi – Fini, che giudica mancanti, quindi in colpa, tutte quelle persone che prestano aiuto a persone che, in quel momento, stanno andando contro quella legge. In Italia, aiutare un immigrato che sta affogando è un reato.

Io voglio sperare che, ognuno di voi, che un domani sarà chiamato forse a ricoprire cariche interessanti, magari diventerà sindaco di un paese, tutto è possibile… Io spero che, ciascuno di voi, si prenda a cuore questa cosa e si ricordi davvero che noi siamo uomini. E come uomini siamo pienamente realizzati quando possiamo aiutare gli altri. Se la nostra vita diventa espressione di egoismo, non saremo mai felici. E allora andremo a cercare la felicità altrove: spinelli, droghe, e tutte quelle cose che si conoscono bene. Perché è scritto nel nostro DNA. Perché è la nostra cultura che ce lo dice, ci dice che l’aiuto agli altri, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi, ci rende persone felici.

Usciamo dall’indifferenza, usciamo dall’egoismo e guardiamo con speranza a ciò che c’è di buono. E, se la legge ce lo impedisce, a questo punto vi dico: ubbidiamo alla coscienza. Se la nostra coscienza è stata educata bene, non dovremmo farci certi problemi. Di fronte ad un uomo che sta annegando, non sto ad aspettare che muoia, per poi portarlo a riva e metterlo in un cellophane blu. Di fronte ad un uomo che sta annegando mi rimbocco le maniche e gli vado in aiuto. Perché la mia coscienza mi dice questo.

Non perdete allora l’occasione perché fatti di cronaca disastrosi come questo stimolino ed educhino la vostra coscienza. Dovremmo inorridire di fronte ad una sciagura come questa, non buttarci la colpa l’un l’altro, la Destra e la Sinistra. Dovremmo inorridire. Ed io mi auguro che, nel cuore, nella coscienza di ciascuno, davvero, questo senso ci sia. Questa emozione quasi addirittura di schifo, per certi comportamenti, per certi atteggiamenti, maturi. La colpa non è loro, degli immigrati, perché hanno dovuto lasciare un Paese in guerra dove vivere è impossibile. La colpa è nostra perché, nonostante siano quindici, venti anni anni che assistiamo a questo fenomeno, non ci siamo ancora attrezzati per dare a certa gente un’accoglienza dignitosa.

E’ nostra la colpa. Allora ben altro che un minuto di silenzio. Ci vorrebbero notti insonni per pensare a noi, al nostro coinvolgimento in fatti di questo genere, per prendere coscienza che la colpa è nostra. Di ciascuno di noi. Nessuno può sentirsi fuori. Nessuno.

Anche se non siamo politici, anche se non siamo persone in primo piano, ma soprattutto perché siamo uomini, e siamo uomini educati in una certa cultura, oggi tutti dovremmo avere schifo per quello che ieri è successo in mare.

E allora facciamolo, ce l’hanno chiesto un minuto di silenzio. Avrei preferito con voi recitare un “Eterno Riposo” anziché un minuto di silenzio. Ma siccome è lo Stato, e anche questo impariamolo, se è lo Stato che ci dice delle cose, dobbiamo farle e dobbiamo obbedire, dobbiamo anche essere partecipi delle proposte dello Stato. E come la ministra ci ha chiesto, facciamo un minuto di silenzio. E affidiamo tutto nelle mani di Maria, compreso i nostri politici, che saranno chiamati a rivedere questa legge. Comprese quelle persone che sono sopravvissute ma sono gravi. E quelle persone che, a quest’ora, sono già nell’abbraccio del Padre”.

don Omar

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