Un anno di lavoro in 100 scatti in bianco e nero. In numeri è la mostra fotografica Le stagioni degli orti di Gabriele Coassin, che viene inaugurata oggi a Villa Ca’ Zenobio di Treviso, fino al 1° maggio 2018 ad ingresso libero.
Il promo della mostra l’ho regalato di cuore al caro amico Gabriele, perché è una brava persona e lo merita. Prima di tornare alla mostra, voglio però raccontarvi cosa ci lega e chi è per me Gabriele Coassin. Lui è stato uno dei miei primi maestri di videoripresa, una vita fa. Era la fine degli anni ’80 del millennio scorso, era il periodo d’oro delle TV locali e private, ma in Veneto dove veneto naqui e vissi, non esistevano scuole di cinema e televisione (poche ce n’erano anche a Milano e Roma). Quello organizzato da un gruppo di giovani a Conegliano (TV), era un corso per imparare a usare la telecamera, che finiva con una pacca sulla spalla. Si prendeva confidenza con i primi camcorder VHS per cercar di fare buone inquadrature. Io, fino ad allora, avevo rubato con gli occhi il mestiere della TV, solamente guardando la TV. Ora volevo imparare ad usare meglio la mia telecamera comprata da poco e imparar un po’ di teoria. Coassin in quel breve corso spiegava le basi della ripresa a noi pionieri della TV casalinga analogica (4 gatti allora), e ci faceva girare alcune scenette tipo “scendi le scale e esci di campo di là” per imparare ad inquadrare da vari punti di vista. Mi ricordo che la mia valutazione fu ottima, Coassin mi diede tipo un 8+. Un piccolo videomaker cresceva, solo di esperienza, ma cresceva.
Gabriele Coassin gestiva allora la pluripremiata ditta audiovisiva “Blow Up” di Treviso, una piccola società fatta di apassionati artigiani dell’immagine che realizzava documentari didattici, antropologici e artistici che vincevano premi importanti in festival nazionali e internazionali. Ecco il Gabriele che ho fotografato, sbarbato uomo di mezza età, con me nel 2008 davanti alla mitica insegna della sua Blow Up (di cui resta ora solo una traccia sulle Pagine Gialle).
Igor Francescato e Gabriele Coassin in via Ragusa 12 a Treviso
Ed eccolo alle prese con bobine, pellicole, videoregistratori di tutti i formati, strumentazioni analogico – professionali dai costi impressionanti: all’epoca un solo videoregistratore broadcast (il top in commercio) costava quanto un mini appartamento…
Gabriele Coassin al lavoro nella sua Blow Up di Treviso
Passa qualche anno e il mio amore per il video si sviluppa e quella che era una passione diventa la mia professione. Siamo nel 1997 e Gabriele mi chiede di collaborare al corso pratico di ripresa e montaggio che si svolge nel suo studio, un corso di formazione lavoro organizzato dalla regione Veneto. Da suo studente a suo aiutante! Ricordo che a quel corso si sono formati giovani talentuosi che poi sono diventati affermati videomaker, come Daniele Carrer o bravissimi operatori dell’audio – sound editor come Paolo Segat e Alessandro Feletti, che da anni lavorano nel cinema. E’ in quel periodo che aiuto Gabriele a realizzare Carantani, breve documentario sulla scoperta di una necropoli del XI secolo durante degli scavi sotto al museo civico di Pordenone. Tra l’altro nel video io e Gabriele siamo anche figuranti, ombre di persone vissute 1000 anni fa…
Nel 2000 collaborai alle riprese de La ciasa da fum, documentario che ricostruisce la vita di inizio ‘900 nelle case della Valtellina, quando ci si riscaldava bruciando legna nel caminetto, il cui fumo impregnava le stanze e la vita delle persone. Mi ricordo giorni e giorni di riprese a respirar fumo vero in una vera casa dell’epoca, con la Betacam SP montata su uno speciale carrello circolare che Coassin aveva trovato chissà dove, una delle sue mirabolanti invenzioni tecniche…
Abbandonata la produzione video per vari motivi, Gabriele insegna da molti anni fotografia e video ai giovani delle università e degli istituti professionali. Ha scritto manuali che secondo me dovrebbero diventare libri di testo obbligatori nelle scuole in cui si insegna linguaggio e tecniche di videoripresa. Il suo primo libro Video digitale – la ripresa (2007, 412 pp, editore Apogeo), affronta con la meticolosità di un grande appassionato e ricercatore e la chiarezza di un ottimo docente, le tecniche di ripresa e videoregistrazione professionale e i nascenti formati di alta definizione (qui si possono leggere le prime 32 pagine del libro).
la copertina del primo libro di Gabriele Coassin
La dedica di Coassin per la mia collaborazione al suo libro
Con Tecniche di video intervista e inchiesta con la telecamera (2010, 204 pp, Fausto Lupetti Editore, questo l’indice), Coassin affronta il linguaggio del videogiornalismo, analizzando le tecniche di ripresa audio e video, le telecamere, i microfoni e l’illuminazione più adatti per fare una buona inchiesta TV. Ho collaborato alla sezione testimonianze scrivendo quest’articolo sul lavoro di montaggio con Domenico Iannacone della trasmissione “Presadiretta” di RAI 3.
copertina di “Tecniche di video intervista”
Nel 2011 affronta l’editing digitale con il manuale Final Cut Express (2011, 230 pp, Apogeo editore, qui le prime 32 pagine su Google libri), spiegando passo passo come creare video con il software di Apple per il montaggio digitale.
copertina di “Final cut express”
Andando avanti di qualche generazione video, passando dall’analogico al digitale, ritrovo Coassin, con una nuova marmorea barba e lo stesso entusiasmo per il mezzo audiovisivo e per la tecnologia, passata e presente. Della tecnologia passata che è riuscito eroicamente a salvare dall’oblio, sta ancora cercando strenuamente di mantenerla, in una sorta di museo storico del video. Ma continua anche a ripararla: riesce a rimettere in funzione i vecchi vcr analogici (VHS e Super VHS, video 8, Hi 8, U-Matic -BVU, Betamax, Betacam, Video 2000, ecc.), ma anche i proiettori di pellicola (8, super 8, 16 e 35 mm.) per salvare film, documentari dalla morte annunciata della smagentizzazione dei nastri. Per ora il suo materiale è in salvo nell’edificio della Fondazione Mazzotti, che occupa gli ex uffici dell’Archivio di Stato, ma la proprietà è della Provincia di Treviso che ha messo in vendita lo stabile, e potrebbe venderlo anche domani… Di sicuro è che oggi alle 17 Gabriele inaugura, nella chiesatta di Villa Ca’ Zenobio di Santa Bona a Treviso, la sua mostra fotografica: è un anno di documentazione del lavoro negli orti urbani del collettivo del quartiere San Paolo.
alcune foto della mostra “Le stagioni degli orti” di Coassin
La mostra è organizzata da SANPAOLO#artein collaborazione con la Fondazione Cassamarca, associazioni e cooperative sociali del territorio e il patrocinio della città di Treviso, voilà la locandina:
il volantino della mostra “Le stagioni degli orti”
La particolarità della mostra sono le attrezzature e le tecniche di Gabriele per le foto: volutamente ha usato macchine fotografiche di recupero, obsolete, come le Nikon Coolpix da 3 Megapixel di almeno 15 anni fa, che sapientemente impiegate, producono dei timelapse video a 2k, ovvero di dimensioni maggiori del formato HD (questo) che è ancora oggi il più diffuso standard dell’alta definizione video.
alcune macchinette usate da Coassin per documentare la crescita delle piantine
la postazione artigianale per timelapse di Coassin
“Questa mostra prova che la potenzialità delle idee prevale sui limiti dei mezzi”, dice Gabriele, che ha stampato personalmente le foto in camera oscura, come ognuno potrebbe fare in una saletta oscurata, un ingranditore, qualche acido e bacinella. Così anch’io per realizzare il promo della mostra, ideato e realizzato giusto ieri in 4 frenetiche ore di lavoro, ho usato la creatività e mezzi ridotto. Per le riprese ho usato il mio smartphone con il vetro rotto, che m’ha regalato un’amica che lo avrebbe buttato in discarica, ho aggiunto alcune immagini che mi ha dato Gabriele e ho rubacchiato anche qualche timelapse di altri videomaker (citati però nei titoli di coda) per renderlo più efficace. Infine ho fatto anche una versione internazionale con i sottotitoli in inglese, usando quel che so della lingua e il traduttore online di Google:
“La mostra vuole attirare lo sguardo su ciò che abitualmente non si osserva. Definirei il mio lavoro un’esperienza ecologica, solidale, multietnica e salutare, nonché un esperimento matto. È un tentativo di piccole provocazioni concettuali, nel senso che le singole immagini non hanno valore se non nel contesto complessivo del tema scelto”, dice Gabriele, che ha osservato per un anno nascere e crescere piantine “in laboratorio” e ha documentato il lavoro nei campi partendo da queste considerazioni:
– Come mi vedono le piante? (Dal basso, come nell’intimità amorosa).
– Cosa fanno le piantine di notte? (Crescono al chiaro di luna).
– Le scarpe degli ortolani: il riuso è il miglior riciclaggio.
– Attrezzi e gesti: antichi saperi tramandati nelle generazioni.
– Alleluia! Il raccolto innalzato al cielo.
Alleluia, la mostra di Gabriele Coassin v’aspetta! 🙂
l’articolo sulla mostra di Coassin de La tribuna di Treviso (di Valentina Calzavara)
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