Cinema, fotografia e televisione sono, fra i mezzi di espressione e comunicazione, i più potenti e i più giovani.
Hanno radicalmente modificato la visione del mondo, le abitudini, i comportamenti e la cultura, nel bene e nel male, nel processo in continua evoluzione, che è cominciato con l’invenzione della fotografia nella metà del XIX secolo.
La fotografia ha rappresentato un importante conquista nel tentativo dell’uomo di fissare e conservare nel tempo riproduzioni più o meno fedeli di tutto ciò che l’occhio vede: emozioni (rivedere i propri cari, un ambiente o un paesaggio, un avvenimento speciale, ecc.), fatti ed avvenimenti storici.
La fotografia è l’arte di visualizzare con una sola immagine ciò che 1000 o più parole non riescono a raccontare con la stessa forza e fedeltà.
Nata come mezzo di documentazione visiva, sostituì ben presto la rappresentazione pittorica del ritratto; fissò, grazie a supporti sensibili alla luce (pellicola e carta) i più importanti avvenimenti storici; si sperimentarono grazie alla fotografia nuovi linguaggi, tecniche, materiali, apparecchiature.
Divenne arte, nelle mani di coloro, i fotografi, i quali seppero scrivere la bellezza e le emozioni con la luce. S’impose in giornali e riviste d’ogni genere, nella pubblicità, nel reportage, nel ritratto…
La fotografia è la congelazione dell’attimo; è un importantissimo mezzo per la diffusione della cultura e la contemplazione della grandezza della natura: non si potrebbe vedere l’istante brevissimo in cui il martin pescatore afferra la sua preda sotto il pelo dell’acqua, senza la fotografia. Senza la fotografia, per esempio, non sarebbe alla portata di tutti la visione della vastità del cosmo (fotografia aera e astronomica), o della minuzia del microcosmo (macro e micro fotografia), o la partecipazione emotiva alla nefandezza e brutalità della guerra.
Arte è la fotografia di E. Cartier Bresson, di Robert Capa, di Man Ray, per citare i grandi maestri del passato.
La documentazione storica è costellata purtroppo di fatti tragici e sanguinari.
E’ cominciata con il reportage della guerra di Crimea (1853-56), continuando con le guerre di secessione, le grandi invenzioni e le conquiste dell’uomo, le Guerre Mondiali, la costituzione degli stati europei, la guerra dell’Iraq.
E così si arriva ai giorni nostri, nella nostra civiltà dell’immagine, in cui il modo di mostrare (e mostrarsi) conta a volte di più del significato che si trasmette.
Pensando all’intrattenimento, mi vengono in mente alcune delle tante applicazioni della fotografia. Il diaporama, prima di tutto, che è la visione di diapositive proiettate su grandi schermi da più proiettori, con effetti di transizione, musica e commento parlato. I diaporami raccontano solitamente reportage di grandi viaggi, di tradizioni popolari, natura.
Altra applicazione, recentissima, che sta avendo enorme successo tra i giovanissimi, la trasmissione di fotografie, mini immagini, attraverso il cellulare: puro intrattenimento ludico!
O la visione e lo scambio di immagini di ogni genere attraverso la sconfinata rete di internet. O le mostre fotografiche, o tanto altro ancora…
E poi viene il cinema, la fotografia animata, l’arte delle arti.
Il cinema è contenitore di arti e forma d’arte essa stessa.
Il cinema racchiude la parola, l’immagine, la musica, i suoni del mondo.
Grazie agli esperimenti sul movimento svolti con l’ausilio di più macchine fotografiche (fra i primi fu Muybridge, nella seconda metà dell’Ottocento a dare un contributo notevole alla nascita del cinematografo), o con l’impressione di più attimi consecutivi su uno stesso supporto, si arrivò all’intuizione del cinema, che nacque nel 1895 per mezzo dei fratelli Lumière.
Il cinema nasce dall’illusione del movimento provocato dalla visione di più immagini leggermente diverse una dall’altra nello spazio di un secondo (16 fotogrammi/secondo nell’epoca del muto, 24 dall’avvento del sonoro).
Quello che in principio era uno strumento solamente ludico di divertimento e passatempo (i film erano inquadrature uniche, brevi visioni di luoghi lontani, o spettacoli di magia, o commediole comiche), maturò con il tempo il suo linguaggio, diventando potentissimo strumento d’informazione (i cinegiornali, i documentari), di propaganda (quasi esclusivamente politica), di trasmissione di cultura e di valori.
Il cinema rappresenta per me una grande scatola magica in cui immergersi, comodamente in poltrona, per un breve tempo ,a sognare ad occhi aperti ed imparare qualcosa della vita. Un film è un eccellente cantastorie che ti avvolge e ti porta in un’altra dimensione narrandoti le sue incredibili avventure.
Per capire cosa s’intende per “arte” del cinema, basta vedere i film di Griffith, Keaton, Lang, Ejzenstein, Hitchcock, Welles, Capra, Chaplin, Kurosawa, Ford, Renoir, Truffaut, Kubrick, Bergman, Altman, Lynch, Allen, Kieslowski, Ymou, Cronemberg, Kitano, Spielberg, Fellini, Rossellini, De Sica, Antonioni, Visconti, Monicelli, Germi, Piavoli (…). Si resterà incantati dalla forza espressiva che emana il grande schermo, si parteciperà emotivamente alle vicende dei personaggi, si uscirà dalla sala di proiezione cambiati, meditando sulla bellezza e sui contenuti dello spettacolo a cui si è assistito.
L’intrattenimento si ritrova nella stragrande maggioranza delle produzioni cinematografiche moderne, che punta tutto sulla spettacolarità degli effetti speciali, sullo shock visivo, sulle forti emozioni, sulla bellezza (dire fascino è forse eccessivo) dei divi del grande schermo.
E’ il pubblico che lo vuole, perché sostanzialmente si va al cinema per svagarsi, per uscire dalla routine quotidiana, per divertirsi. Se ai film holliwoodyani mancasse il lieto fine, chi andrebbe al cinema?
Il cinema è stato uno straordinario strumento di documentazione storica, fissando in migliaia di chilometri di cellulosa i grandi avvenimenti che hanno sconvolto il mondo, nel bene e nel male, come le guerre, le grandi invenzioni, le scoperte dell’uomo.
Lo è stato fino a pochi decenni dopo la nascita della televisione, che grazie alla sua peculiare caratteristica di diretta, ha completamente spazzato via la pellicola da produzioni di carattere storico – informativo.
La televisione.
Chi non conosce la televisione?
Penso che il cinema è grande, la tv è solo un po’ più piccola.
Si riceve in qualsiasi parte del mondo, con ogni mezzo: sul televisore, sul computer, addirittura sul cellulare. Siamo circondati dalla televisione. In casa, per strada, nei centri commerciali, in auto, guardando l’orologio…
La televisione ha radicalmente cambiato le nostre abitudini.
Ne parla uno che si è “nutrito” di tv, uno che appartiene alla generazione dei teledipendenti (badate che il termine non ha più bisogno delle virgolette, è entrato nell’uso comune).
Ero uno dei tanti ragazzi che ha seguito per 15 anni tutte le serie di cartoni animati giapponesi, i telefilm, i quiz: qualsiasi cosa che la tv ha presentato fino alla fine degli anni ’80, io l’ho vista.
E parlando con i miei coetanei, di qualsiasi città, si arriva sempre a canticchiare, con immutata nostalgia, le sigle dei cartoni animati, simbolo della nostra gioventù.
Questa è la nostra tradizione, la tradizione di noi trentenni. Noi che spesso dai genitori che lavoravano eravamo lasciati in balìa della televisione, e avevamo come balia la televisione, abbiamo da piccoli anche tralasciato i giochi all’aria aperta con i compagni, perché a quell’ora c’era Goldrake, o Candy Candy.
Eravamo rapiti dal fascino del tubo catodico.
Qualche decennio fa sarebbe stato uno scandalo passare le giornate davanti ad una scatola luminosa, quando c’era una straordinaria vita sociale, quando ci si radunava a far filò nella stalla, quando ogni domenica era festa in piazza, quando si era 8 fratelli, ed in casa c’erano i nonni e magari gli zii, e non c’era certo tempo e tanto meno necessità di perdere così stupidamente il proprio prezioso tempo.
Proprio così: necessità. Non ce n’era bisogno.
Ma i tempi sono cambiati.
L’industrializzazione, il progresso hanno portato enormi cambiamenti nella società.
La televisione è lo specchio dei tempi per usare un’efficace citazione.
“Non è più come una volta”, si dice, ricordando i bei tempi passati, i sapori perduti, il calore di stare amabilmente insieme, senza quell’apparecchio in mezzo. Non è più come una volta, anche perché ora c’è la televisione.
Ma tv non è solo negativa, anzi. Come tutte le cose bisogna stare attenti a non restarvi imprigionato, succube, dipendente. Bisogna saper scegliere bene.
Offerta ce n’è fin troppa, la qualità bisogna scovarla, magari con acrobatiche peripezie sui tasti del telecomando.
La tv intesa come apparecchio ricevente di programmi via etere, io l’ho spento alla fine degli anni ’80. Ho preso coscienza del processo di degeneramento, scadimento e involgarimento che attraversava (e che non ha fine).
L’accendevo per vedere ciò che oculatamente registravo, e rivedevo poi il materiale registrato con il videoregistratore saltando la pubblicità, o per vedere i miei primi lavori con il video.
Il grande pregio del mezzo televisivo è che è immediatamente fruibile e molto, molto economico.
Ha avvicinato alla produzione di video – film nuove generazioni di persone che mai avrebbero potuto sostenere i costi della pellicola e delle attrezzature per fare cinema.
Gli anni ’90, con l’introduzione del Video Home Syistem (VHS) hanno permesso a tutti di sperimentare il linguaggio della comunicazione a 360° (immagine, parola, musica).
Ed ancora di più oggi le tecnologie, ovvero il computer, la telecamera digitale ed internet, hanno allargato in maniera esponenziale le potenzialità del mezzo televisivo.
La passione per la televisione è la mia più grande. E’ nata dentro di me quand’ero adolescente e ancora mi accompagna inesaurita e vitale.
Ed è proprio grazie alla sua economicità che ho potuto coltivarla e trovare un mio mezzo di espressione.
E ancora ci credo molto nella sua genuina potenzialità; credo che si possa comunicare ed insegnare molto con il mezzo televisivo.
Bisognerebbe però abbandonare gli enormi interessi che il controllo dell’etere ha nell’influenza delle menti, per una televisione e un mondo migliore.
Ma questa, però, è un’altra storia.
Compitoito d’italiano, 2003 (frequentavo l’Istituto Cine – TV Roberto Rossellini di Roma).