Avevamo appena comprato una casa nuova.
L’aveva costruita un mio amico ingegnere, su disposizioni mie e di mia moglie.
E’ stato un lavoro di quasi 10 anni, 10 lunghi anni a pensare, studiare, provare, disegnare quella che è diventata la casa dei nostri sogni. E resterà nei nostri sogni, fino ai prossimi 25 anni, quando avremo finalmente finito di pagare il mutuo.
Ci ha dissanguato questa casa, la nostra bella casa.
Una vita spesa per metter via il denaro per comprare una casa.
Una signora casa.
Ah, bella la nostra casa.
Due piani, una linea dolce, una forma classica, ma c’è quel qualcosa in più, frutto della creatività ed eccentricità di Paolo, il nostro caro architetto, che la rende unica. Un verde giardino, pieno di fiori (curati amorevolmente da mia moglie), due giovani querce poste ai lati della facciata forniranno l’ombra, speriamo prima che finisca il mutuo, nelle calde giornate d’estate.
Sto cominciando a scavare una piccola fossa dietro, vicino all’orto, dove conto di metterci i pesci rossi, finito l’inverno.
E legato, in un ampio recinto, c’è Bobby, il cane cantante lo chiamo io, perché quando ascoltiamo la musica in salotto ad alto volume, lui le fa il verso. E, questo è il motivo per cui l’abbiamo chiamato così, quando sente “una lacrima sul viso”, che periodicamente la tv ci propina nei suoi innumerevoli rimpasti di programmi triti e ritriti, ebbene lui, seduto sulla coda, piantando dritte le zampe davanti, con muso proteso al cielo, interpreta a modo suo “una lacrima sul viso”, e nel famoso ritornello mi pare forse meglio del Bobby nazionale.
Ma entriamo, nella nostra cara casa.
Vedete l’arredamento ultra moderno ha scelto la mia dolce compagna? Giorgia è la mia giovane moglie, è cresciuta leggendo Novella 2000 e ascoltando le canzoni di Ramazzotti, che ci volete fare… Però è una dolce compagna, è buona, molto buona (intendo fisicamente, naturalmente).
Insomma, quello laggiù che pare l’asse da stiro è la mia poltrona preferita. E’ la mia preferita per una decina di minuti, poi mi devo sdraiare sul letto (il nostro letto è quasi classico, perlomeno ha la rete e il materasso) per rilassarmi a lungo la schiena.
Il tavolo da pranzo è quello attaccato al pavimento. Giorgia dice che è di moda mangiare seduti per terra come i giapponesi, e faremo bella figura con gli amici. Così non abbiamo neanche le sedie, solo questo grande tavolo di vetro che è pure difficile da pulire (questo lo dice Julia, la nostra cameriera, e questo mi costringere a pagarla sempre qualcosa di più).
Pensavo di risparmiarli i soldi delle sedie, che invece abbiamo poi ampiamente speso per i cuscini, in pura seta del Bangladesh, con decorazioni fatte a mano (con la mano del computer, direi, perché sembrano fatte con lo stampino: tutte uguali).
La televisione sembra che non ci sia, ma basta passare questa speciale scheda magnetica in quello strano lettore ottico, per scoprire, dietro quelle antine, il nostro magnifico televisore ultra moderno, ultra piatto, all’ultra plasma, che mi è costato un ultra stipendio, che ha almeno il pregio di occupare poco spazio.
Ed ecco quel qualcosa in più che l’architetto ci ha costruito, dopo le mie ripetute insistenze.
Al primo piano, in mezzo alla camera nostra e quella degli ospiti, c’è una piccola stanza, di neanche 10 mq., che io chiamo “la stanza dei pensieri” e Giorgia invece “una in più da pulì”.
In questo minuscolo spazio, io mi ricarico, mi rinnovo, mi rigenero dalla routine quotidiana e dallo stress da lavoro. Ci sono solo una sedia (classica, con quattro gambe!), un tavolino, una lampadina classica da 25 W che la rende piacevolmente calda, intima, e il minuscolo lucernario da cui vedo le piante crescere.
Che bella cosa questo antro, che paradiso, un’ora dentro essa, vale da sola 1000 ore di discussioni con le amiche di mia moglie, o un mese di biliardo con gli sfegatati calciomani amici miei.
Che grande idea ho avuto, spendo volentieri i soldi per il mutuo pensando alla mia stanzina.
Un brutto giorno, però, un tremendo temporale si è abbattuto sulla nostra zona.
L’epicentro dello smottamento registrato nella notte, era proprio localizzato nella nostra via.
Anzi, proprio accanto alla casetta nostra. Anzi proprio SULLA nostra casuccia.
Noi dormivamo profondamente, con i tappi nelle orecchie per non sentire Bobby, che ululava a modo suo un ritornello che gli si era fissato in testa, mi par di capire che la canzone dicesse, più o meno: “Dammi 3 parole, sole – cuore – amore…”, ma non so se si possa scrivere un testo così assurdo… mia moglie mi dice di sì… e, insomma, noi non abbiamo udito nulla, e ci siamo svegliati di buon ora, per andare in ufficio.
Prima di fare colazione ho preso il libro che avevo lasciato nel mio stanzino.
Ho acceso la luce, perché era ancora buoi, e la mia attenzione è stata attirata da una lunga breccia irregolare, pareva una ferita nel muro, che partiva sulla parete all’altezza dell’interruttore e andava su su verso il soffitto per qualche decina di centimetri.
Dopo un’attenta analisi, abbiamo scoperto che questo è stato l’unico, piccolo danno che ha subito la nostra casa dal violento temporale della notte.
Ma questa ferita, a me, è costata più che se fosse venuta giù tutta la nostra cara abitazione.
E l’ho buttata giù io.
Scritto nel 2004 come esercitazione scolastica, materia italiano (frequentavo l’Istituto Cine – TV Roberto Rossellini di Roma).